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Lo Stato Patrimoniale Finanziario: lineamenti

scritto da Francesco Zito il 21 Marzo 2008

A monte del calcolo degli indici per la determinazione del rating aziendale vi è l’analisi dei bilanci riclassificati.
La forma riclassificata dello Stato Patrimoniale rende immediata la struttura delle FONTI di liquidità e dei loro IMPIEGHI.
Dal lato delle FONTI è opportuno distinguere tre categorie:
● il PATRIMONIO NETTO, che rappresenta il capitale proprio, ovvero i mezzi conferiti dai soci;
● le PASSIVITÀ CONSOLIDATE, che rappresentano la quota del capitale di terzi da rimborsare oltre i cinque anni (lungo termine) o tra uno e cinque anni (medio termine);
● le PASSIVITÀ CORRENTI, che rappresentano la quota del capitale di terzi da rimborsare entro un anno.
Il patrimonio netto è formato dal capitale sociale, dalle riserve, dall’utile d’esercizio, dagli utili non distribuiti dei precedenti esercizi etc.
Le passività consolidate annoverano i debiti di media e lunga durata, ivi inclusa la quota consolidata (scadente oltre l’anno) dei mutui, il fondo trattamento di fine rapporto etc.
Le passività correnti sono invece costituite dai debiti a breve termine (scadenti entro l’anno): debiti verso fornitori, quota corrente dei mutui, fondo imposte etc.
Il criterio di ordinamento delle fonti (CAPITALE ACQUISITO) è interpretabile in due sensi.
Se si accorpano patrimonio netto e passività consolidate, si formano due blocchi:
○ CAPITALE PERMANENTE (dato dalla somma dei mezzi propri e dei mezzi di terzi scadenti oltre l’anno);
○ CAPITALE CORRENTE (i mezzi di terzi scadenti entro l’anno).
È, questa, una classificazione del passivo patrimoniale che guarda all’orizzonte temporale delle fonti in termini di durata.
Se si accorpano passività consolidate e correnti, si formano del pari due blocchi, aventi però natura e significato diversi:
○ CAPITALE PROPRIO (il sopra definito patrimonio netto);
○ CAPITALE DI TERZI (dato dalla somma di passività consolidate e di passività correnti).

Questo tipo di classificazione guarda alla provenienza delle fonti, a seconda che siano conferite dai soci (capitale proprio) oppure dai terzi (capitale di terzi).
Dal lato degli IMPIEGHI la ripartizione è:
● IMMOBILIZZAZIONI NETTE (cioè al netto dei fondi di ammortamento);
● DISPONIBILITÀ NON LIQUIDE;
● LIQUIDITÀ DIFFERITE;
● LIQUIDITÀ IMMEDIATE.
Le immobilizzazioni nette sono composte dalle immobilizzazioni materiali (terreni, fabbricati industriali, impianti, macchinari, attrezzature, etc.), immateriali (spese di impianto e di ampliamento, spese pubblicitarie, spese per diritti derivanti dallo sfruttamento delle opere dell’ingegno, incluso il software), finanziarie (partecipazioni, titoli di non facile smobilizzo, etc.) e civili (case di civile abitazione).
Le disponibilità non liquide sono costituite dalle scorte di magazzino (materie prime, semilavorati, prodotti finiti e relative anticipazioni versate ai fornitori).
Le liquidità differite coprono un orizzonte temporale inferiore all’anno, e sono essenzialmente costituite (al netto dei relativi fondi di svalutazione) dai crediti verso clienti, dai crediti cambiari, dai titoli non immobilizzati, etc.
Le liquidità immediate sono costituite dalle forme di liquidità primaria: cassa, banche attive, valori bollati, ratei attivi, risconti attivi etc.
Le immobilizzazioni costituiscono il cosiddetto CAPITALE FISSO (o CAPITALE IMMOBILIZZATO).
L’insieme di disponibilità non liquide, liquidità differite e liquidità immediate forma invece il cosiddetto CAPITALE CIRCOLANTE.
La somma del capitale fisso e del capitale circolante (ovvero le attività patrimoniali) determinano il c.d. CAPITALE INVESTITO.
L’ordine con il quale è disposto il capitale investito è ispirato al criterio della liquidità crescente: infatti si va dalle immobilizzazioni, di più complessa realizzabilità, al denaro contante passando attraverso forme di credito più o meno liquide.

Questo articolo è stato pubblicato il 21 Marzo 2008 alle 09:17 ed è archiviato in Economia aziendale, Finanza ordinaria.
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